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Tutti gli inciuci delle ultime settimane
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IA Spiegata Semplice

Il capitale umano dell'AI

Oggi è un po' lunghetta, ma fidatevi: ne vale la pena.

C’è un’aria frizzantina nel mondo dell’Intelligenza Artificiale. Non tanto per un nuovo modello (quello arriverà, tranquilli), ma perché dietro le quinte si sta giocando una partita ad altissimo livello, fatta di offerte stellari, fughe romantiche, ritorni a casa e drammi da “lei ha lasciato OpenAI per andare da lui…”. Sembra la trama di una telenovela o di un libro rosa… e invece è realtà.

A proposito di libri: è appena uscito il nostro nuovo libro, Human Reloaded (Acquistabile su Amazon) ed è già nella TOP 3 dei libri più regalati.
Se nelle newsletter abbiamo spesso sfiorato il tema di un nuovo Umanesimo, qui lo affrontiamo a viso aperto: tra intelligenze artificiali, etica e futuro dell’uomo, raccontato — come sempre — in modo semplice, diretto e accessibile a tutti. Fateci sapere che ve ne pare!


Mettetevi comodi, iniziamo!

Libro Human Reloaded
HUMAN RELOADED è il libro che ti porterà in un viaggio lucido e ironico nell’epoca in cui gli algoritmi ci aiutano, ci imitano, ci influenzano e ci mettono in discussione. Un libro che esplora, con occhi critici e curiosi, i tanti volti dell’AI: quella che ama, che governa, che mente, che cura, che scrive poesie o che decide se abbiamo ancora un lavoro. Qui su Amazon.

Si legge tutta in 4 min. e 11 sec.
Atto I – La grande fuga (da OpenAI)

Ma riprendiamo la nostra telenovela. Tutto parte da lui, Mark Zuckerberg, che in queste settimane sembra più un produttore di Netflix che un CEO: trama avvincente, cast stellare, e budget da capogiro. Il suo nuovo “AI Superintelligence Team” è diventato la serie più chiacchierata del momento, con colpi di scena degni di un finale di stagione.

Tra i nuovi protagonisti c’è Trapit Bansal, uno dei ricercatori più influenti di OpenAI, artefice di quella meraviglia chiamata o1, il primo modello di “AI reasoning” del laboratorio di Altman. Uno che, per intenderci, ha lavorato fianco a fianco con Ilya Sutskever sull’apprendimento per rinforzo, roba da Olimpo della ricerca. Ebbene sì, Bansal ha lasciato OpenAI per volare tra le braccia di Meta.

Secondo indiscrezioni, lavorerà proprio sullo sviluppo di modelli di ragionamento, un tassello fondamentale per creare agenti AI sempre più avanzati. A fargli compagnia nel nuovo team: tre ex ricercatori di OpenAI come Lucas Beyer, Alexander Kolesnikov e Xiaohua Zhai, ma anche l’ex ricercatore di Google DeepMind Jack Rae e altri nomi pesanti come Johan Schalkwyk, ex responsabile del machine learning presso la startup Sesame. Nel frattempo, OpenAI osserva e ribatte via podcast: Sam Altman ha dichiarato che sì, Meta sta cercando di “soffiare” i migliori talenti a suon di bonus da 100 milioni di dollari, ma che "nessuno dei nostri migliori ha ceduto". Certo Sam, tranquillo.

Meta rafforza la sua corsa verso la superintelligenza artificiale.
L’annuncio arriva in un momento strategico: OpenAI sarebbe prossima al rilascio di un modello di ragionamento open source, un passo che potrebbe aumentare ulteriormente la pressione competitiva su Meta. Fonte qui.

Atto II – Tentativi di seduzione

Ma la corte di Zuck non si ferma qui. Ha provato persino a comprare l’intera startup Safe Superintelligence, fondata da nientemeno che Ilya Sutskever dopo la sua uscita da OpenAI. Valutata 32 miliardi di dollari. Sutskever però ha fatto spallucce e rifiutato. Fine della storia? Macché. Fallito l’acquisto, Mark ha virato sul piano B: arruolare il CEO in persona, Daniel Gross, e il suo socio in affari Nat Friedman (ex CEO di GitHub). I due, oltre a guidare la startup, gestiscono il fondo NFDG, che investe in AI companies come Perplexity, Character.ai, Figma.

E indovinate un po’? Ce l’ha fatta. Gross e Friedman entreranno nel team Superintelligenza sotto la guida di Alexandr Wang, anche lui appena approdato a Meta grazie a un investimento da 14,3 miliardi di dollari nella sua ex azienda, Scale AI. E come se non bastasse, Meta avrà anche una quota del fondo di investimento dei due.


Atto III – Il triangolo Apple-Meta-Perplexity

Se pensavate che fosse finita, ecco che entra in scena Apple, l’amante silenziosa. Stando a Bloomberg, anche a Cupertino stanno puntando gli occhi su Perplexity, la startup AI che sta rivoluzionando la ricerca online. Si parla di valutazioni da 14 miliardi di dollari e della possibilità di integrare Perplexity direttamente nel browser Safari, mettendo fine alla storica alleanza con Google.

Nel frattempo, anche Meta aveva tentato l’assalto a Perplexity, ma niente da fare. Le discussioni non sono andate oltre i primi sguardi. Per ora.

Apple non ha confermato né smentito, ma se il flirt dovesse diventare cosa seria, sarebbe l'acquisizione più grande mai fatta dalla Mela. E anche il segnale definitivo che la guerra dell’intelligenza artificiale si gioca ormai sul piano geopolitico, tra potenze tecnologiche più che tra aziende.

Ma attenzione, perché nel triangolo amoroso tra Meta, Perplexity e Apple… c’è un quarto incomodo: OpenAI.
Sì, perché un mesetto fa è successo anche questo: mentre Apple valutava Perplexity e Meta investiva in Scale AI, OpenAI ha annunciato di aver acquisito Io, la startup creata dall’ex super-designer di Apple Jony Ive. Un’operazione da 5 miliardi di dollari in azioni, con l’obiettivo dichiarato di costruire il primo vero dispositivo AI per il grande pubblico.

Nel video di presentazione, Ive e Altman passeggiano per San Francisco e parlano poeticamente di computer che “vedono, pensano e capiscono”. Nessun dettaglio tecnico, ma un messaggio chiarissimo: OpenAI non si accontenta più dei modelli software. Ora vuole metterli in tasca alle persone, in oggetti belli, eleganti e “magici” (come avrebbe detto Steve Jobs). L’ambizione è grande: creare l’equivalente dell’iPhone per l’intelligenza artificiale. Insomma, il triangolo si allarga. E da questa soap opera tech… non siamo ancora all’ultima puntata.


Apple ci prova con Perplexity
Le discussioni sono ancora in una fase iniziale e non è stato avviato alcun confronto diretto con il management di Perplexity. La startup, sostenuta anche da Nvidia, è attualmente valutata 14 miliardi di dollari e offre servizi simili a ChatGPT di OpenAI e Gemini di Google. Qui la fonte.

Atto IV – La signora in stealth

Entra in scena lei, Mira Murati. Ex CTO di OpenAI, una delle menti dietro ChatGPT, DALL·E e Codex, ex CEO ad interim durante il colpo di scena più clamoroso del 2023 (chi dimentica la cacciata-lampo di Altman?), oggi protagonista solitaria di un altro grande mistero: Thinking Machines Lab.

L’azienda, nata appena sei mesi fa, è ancora avvolta da un’aura da thriller psicologico. Nessun prodotto, nessun annuncio operativo. Eppure… ha appena raccolto 2 miliardi di dollari, con una valutazione di 10 miliardi. Sì, hai letto bene: dieci miliardi di valutazione per qualcosa che il pubblico non ha ancora visto nemmeno in demo.

Il round, tra i più grandi seed della storia di Silicon Valley, è stato guidato da Andreessen Horowitz e sostenuto da nomi come Sarah Guo. Il biglietto d’ingresso? 50 milioni a testa. Neanche al Met Gala c’è selezione così dura.

Perché tutto questo entusiasmo? La risposta sta nel cast stellare che Murati ha portato con sé: John Schulman, cofondatore di OpenAI e co-creatore di ChatGPT, Barret Zoph, ex VP di ricerca OpenAI, oggi CTO, e poi una sfilza di ex DeepMind, Meta, Character.ai, Mistral AI… e ovviamente ex OpenAI ovunque.
Insomma, non è solo una startup: è una rimpatriata da premio Turing.

Ma non è tutto oro. Dietro le quinte, già si vocifera di alcune dinamiche un po’… da regno assoluto. La governance dell’azienda, infatti, prevede che Murati abbia più potere decisionale dell’intero consiglio messo insieme, e che i fondatori abbiano voti ponderati 100 volte più degli altri investitori. Una monarchia illuminata? Forse. Un campanello d’allarme per la trasparenza? Forse anche quello.

Per ora, Thinking Machines Lab resta in modalità stealth. Tutti parlano di lei, ma nessuno l’ha ancora vista in azione. Una presenza-assenza che alimenta il fascino, ma anche le domande. È il nuovo OpenAI? O un sogno da 10 miliardi pronto a svanire se non manterrà le promesse? Chissà, vedremo!


Mira Murati
Ah, e poi c’è un dettaglio da romanzo di Le Carré: il governo albanese (sì, proprio Tirana) sarebbe tra i finanziatori. Una mossa simbolica? Un investimento patriottico? Un segnale che ormai la corsa all’intelligenza artificiale coinvolge anche le nazioni più piccole in cerca di un posto al tavolo delle grandi? Qui la fonte.

Il Capitale Umano

Negli anni Ottanta i simboli del potere economico globale si chiamavano Nike e Coca-Cola. Poi è arrivata la bolla di internet, che ci ha consegnato i colossi del digitale: Facebook, Amazon, Google. Oggi, dopo tutto quello che vi abbiamo raccontato, è evidente che stiamo vivendo una nuova era — quella dell’intelligenza artificiale. Un'era diversa, fatta di modelli, algoritmi, cloud… ma comunque fondata su su logiche antiche: potere, visione, competizione. E soprattutto: denaro. Tanto. Ovunque.

La cosa più sorprendente, però, è che in questo mondo ultra-digitale, popolato da entità artificiali sempre più intelligenti, quello che conta davvero sono ancora le persone.

Persone come Mira Murati, che non ha ancora lanciato un prodotto, eppure ha raccolto 2 miliardi e creato una startup da 10, grazie alla sua reputazione e a quella del suo team. O come le decine di ex OpenAI, DeepMind e Google che si spostano da un’azienda all’altra muovendo con sé miliardi di dollari, investimenti, nuovi progetti.
È paradossale, ma è così: l’intelligenza artificiale, oggi, è ancora una questione profondamente umana. In un’epoca in cui si parla di superintelligenza e automazione, sono le scelte, le ambizioni e i sogni di poche persone a modellare il futuro di tutti.
E forse, proprio per questo, vale la pena continuare a guardare non solo cosa si costruisce, ma chi lo sta costruendo.


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